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Articolo di Data Journalism

Indagine su dati al di sopra di ogni sospetto

La Film Commission Regione Campania è la fondazione regionale che si occupa di promuovere la Campania come set ideale per la realizzazione di film, serie televisive, spot pubblicitari ed altri prodotti dell’audiovisivo, rafforzando la visibilità della straordinaria varietà di location e delle eccellenze artistiche e imprenditoriali del mondo dell’audiovisivo già esistenti sul territorio. Con la Legge Regionale n. 30 “Cinema Campania”, la Regione Campania ha reso stabile il sistema di sostegno ed incentivi alla produzione audiovisiva in Campania. Con questo fondo sono stati finanziati circa 60 progetti tra i 135 pervenuti in risposta al bando. In aggiunta a questo fondo, inoltre, l’attuazione della Legge Regionale n 30, tramite il Programma Triennale ed il Piano Operativo annuale, prevede ulteriori stanziamenti di risorse pari a complessivi 5 milioni di euro annui per il 2017 ed il 2018, per interventi in favore della produzione, della promozione e dell’esercizio. Di questi 5 milioni circa 2 sono destinati alla produzione di opere con opere con spiccate caratteristiche di interesse regionale, sia per contenuti che per coinvolgimento di produzioni, autori e componenti del cast e della troupe del comparto regionale campano. La Regione Campania, inoltre, ha affidato alla Film Commission Regione Campania l’attuazione del progetto “Nuove Strategie per il Cinema in Campania” finanziato con fondi europei tramite il POC 2014 – 2020. Questo progetto, del valore complessivo di 2 milioni di euro, prevede 5 linee di intervento ed azioni mirate all’attrazione di investimenti, con particolare riferimento a lunghe serialità televisive che si distinguano per la spiccata capacità promozionale in favore del territorio e l’elevato potenziale di penetrazione dei mercati nazionali ed internazionali. Sono inoltre previste dal progetto linee di intervento volte ad accrescere la visibilità e l’attrattività della Campania per le produzioni audiovisive in genere, sostegni alla creatività giovanile, all’aggiornamento professionale e alla partecipazione di operatori del comparto campano ai mercati internazionali.

Per ogni cento film piratati ci sono 37 mancati acquisti, per un danno che in Europa equivale al 4,4 per cento del fatturato. A stabilire, forse una volta per tutte, la verità su quanto (e se) la pirateria faccia male al cinema arriva uno studio dell'Unione europea, molto vasto: su 28.344 mila utenti in sei Paesi (tra cui l'Italia). Il tutto, negli stessi giorni di una presa di posizione della Corte di Giustizia europea che sembra dichiarare non illegale lo streaming di contenuti pirata. Dallo studio si scopre così che la pirateria fa male al cinema, ma non così tanto come i produttori sostengono. E in casi limitati può persino fare bene al successo di un titolo, soprattutto a quelli di nicchia, poco pubblicizzati e mal distribuiti.

Lo studio insomma chiarisce, con stime, che la verità sta nel mezzo rispetto alle due posizioni che per quasi vent'anni si sono combattute. Da una parte i produttori, che conteggiavano ogni film piratato come un biglietto perso al cinema (o un dvd non acquistato). E infatti poi citavano in causa i "pirati" chiedendo danni conteggiati in questo modo. Dall'altra, varie associazioni e sostenitori della libertà internet, secondo i quali non erano provati i danni della pirateria e la reazione punitiva dei produttori era eccessiva. Le parti hanno prodotto una vasta letteratura in questi anni, a favore delle rispettive tesi (per esempio, uno studio dei produttori americani, commissionato alla società di consulenza Lek, stima in 6 miliardi i danni annuali della pirateria sui film).
I ricercatori hanno scoperto anche che la gestione della pirateria è molto concentrata in poche mani, anche più di quanto si immaginava: il 20 per cento dei fruitori è responsabile del 94 per cento dei mancati incassi. Tutte le stime di varie fonti dimostrano che la pirateria è un fenomeno in calo (grazie al successo dello streaming, in musica e più di recente sui film). Sarà sempre più di nicchia e concentrato su pochi utenti, di qui l'opportunità - secondo lo studio - di perseguirli con politiche mirate. Per esempio quelle di follow the money: denunciare chi ci guadagna dalla pirateria, come i gestori di siti streaming pirata, di cyberlocker o di piattaforme torrent (come in effetti sta succedendo sempre più spesso nell'ultimo periodo, per quanto i siti caduti sotto i colpi della legge spesso sono sostituiti da altri, a volte persino con lo stesso nome).
L'utente è sempre meno nel mirino, insomma, a maggior ragione perché il consumo pirata è sempre meno legato al download e alla condivisione (quest'ultima in particolare è un'attività perseguita dalla legge) e sempre più allo streaming. Che secondo alcune interpretazioni può essere persino legale. Così si legge in una posizione della Corte di Giustizia, espressa durante un caso che contrappone un produttore al sito di streaming Filmspeler.nl. La posizione - che ancora non si è tradotta in sentenza effettiva - dice che l'utente di siti pirata non sta facendo attivamente una copia del contenuto e quindi non sarebbe perseguibile. Ne fruisce come se stesse vedendo la tivù, quindi colpevole è solo "l'emittente" (il sito). Certo è che la dimensione della pirateria è in una fase di forti cambiamenti, in termini quantitativi e qualitativi, man mano che cambiano le tecnologie e si sviluppa l'offerta legale. La normativa e l'attività di enforcement non potrà che tenerne conto.
 

La pirateria audiovisiva in Italia

Un argomento delicato a cui abbiamo dato risalto è quello della pirateria audiovisiva multimediale e digitale, sviscerato nei suoi punti salienti senza pretesa di esaustività, ma con il solo intento di fornire uno strumento di consapevolezza. In Italia il fenomeno legato alla pirateria audiovisiva, pur segnando una piccola flessione rispetto agli anni precedenti (37% nel 2017 con un calo di due punti percentuali rispetto al 2016), rappresenta ancora una fetta importante di illegalità che contribuisce all’erosione di una parte rilevante dell’economia del settore audiovisivo, con tutto ciò che ne deriva in termini di mancati incassi e, di conseguenza, di perdita di posti di lavoro e riduzione degli investimenti. Con oltre 617 milioni di euro di fatturato perso annualmente dall’industria audiovisiva italiana e un danno stimato di oltre un miliardo al sistema economico del nostro Paese, la pirateria continua a rappresentare un forte freno allo sviluppo e alla crescita del mercato.

I mancati incassi per l’industria audiovisiva italiana a causa della pirateria toccano nel 2018 i 600 milioni di euro con quasi 6mila posti di lavoro a rischio. Rimanendo sulla scia economica, si stima che l’impatto del fenomeno illecito sui conti del Sistema Paese sia assai rilevante: 1,08 miliardi di euro sono le previsioni di fatturato perso da tutti i settori economici italiani a causa della pirateria; 455 milioni di euro il danno stimato sull’economia italiana in termini di PIL; 203 milioni di euro i mancati introiti fiscali. Un tesoretto che il Governo potrebbe utilizzare per finanziare politiche di crescita e di sviluppo del comparto industriale. Sono questi i dati economici centrali dell’indagine 2018 sulla pirateria audiovisiva in Italia condotta da Ipsos per la Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali (FAPAV).
Si registra, soprattutto tra le nuove generazioni, una maggiore consapevolezza verso l’offerta legale, considerata facilmente accessibile e sicura, ma che al momento è limitata da una serie di fattori in grado di incidere negativamente sullo sviluppo di nuovi modelli comportamentali più virtuosi e orientati alla legalità.

Paghiamo un retaggio culturale difficile da sradicare e che impone tempi lunghi per diffondere la consapevolezza dei danni economici e sociali derivanti dalla pirateria. Gli italiani continuano a guardare film e serie tv pirata. Sanno benissimo che è sbagliato, che è un reato e che così facendo infliggono un danno enorme all’industria audiovisiva nazionale, ma pur ammettendo l’errore c’è ancora un’ampia fascia di utenza di rete che preferisce sostenere il mercato pirata, alimentando l’intera filiera criminale.

La pirateria appare oggi meno «giovane» che in passato. Se nel 2017 quasi 2 pirati su 3 avevano meno di 45 anni, oggi sono poco più di 1 su 2 (55%, in calo di 7 punti).  In riferimento invece alla popolazione under 15, è vero che negli ultimi 12 mesi il 47% degli adolescenti ha commesso almeno una forma di pirateria, privilegiando modalità digitali e film come contenuto preferito, rispetto alle serie tv e ai programmi, ma è altrettanto vero che in termini consuntivi gli atti di pirateria nel 2018 sono stati poco superiori a 31 milioni, con un calo del 14% rispetto all’anno precedente.

Gli utenti che guardano serie e film piratati sono coscienti della propria scelta e infatti l’83% dei pirati è a conoscenza del fatto che la pirateria è un reato (+5%), ma il 51% ritiene che sia improbabile essere scoperto e ancor meno sanzionato.

Questi tre anni di studi hanno consentito di definire con precisione il trend della pirateria audiovisiva in Italia: i dati rivelano una sostanziale stabilità dell’incidenza della pirateria, ma una contrazione legata al numero degli atti di pirateria compiuti dagli utenti. Questo è certamente dovuto da una parte al rafforzamento dell’attività di enforcement e di sensibilizzazione del consumatore, dall’altra alla crescita dell’offerta legale, sempre più ricca e diversificata.

Tra le nuove forme di pirateria audiovisiva che si sono affermate (e che sono tutt’ora in crescita), in questi ultimi tre anni, particolarmente rilevanti sono le IPTV illegali e la pirateria degli eventi sportivi.

Sono quasi 5 milioni gli italiani che nel corso del 2018 hanno dichiarato di aver visto illegalmente contenuti sportivi live, in streaming sui propri device (computer, tablet, smartphone, smart TV) o presso amici e familiari. Nell’ultimo anno si stimano oltre 22 milioni di atti di pirateria sportiva, soprattutto di eventi calcistici, seguiti da Formula 1 e MotoGP, e circa 5,3 milioni di fruizioni perse.
Tra le modalità di accesso ai contenuti pirata, l’IPTV si conferma un fenomeno di rilievo nel panorama della pirateria audiovisiva in Italia: la sua incidenza è di circa un quarto sul totale dei pirati cioè oltre 5 milioni di individui; il fenomeno desta particolare preoccupazione e risulta in crescita rispetto alla precedente rilevazione (quasi 1 milione di persone in più).

SINTESI DATI 2018 

38%: l’incidenza complessiva della pirateria (di film, serie e programmi) tra gli italiani di 15 anni o più nel 2018. Il digitale si conferma la modalità preferita di pirateria, 33%, e in particolare lo streaming, 27%. Il download/P2P appare in leggera contrazione, attestandosi al 20% (22% nel 2017).

Pirateria film33% (+3 punti rispetto al 2017).

Pirateria serie: 21%

Pirateria programmi: 20%

5 milioni: il numero di persone che utilizzano le IPTV illegali per accedere ai contenuti audiovisivi come film, serie, programmi (circa 1 milione di persone in più rispetto al 2017).

4,7 milioni: il numero di persone che hanno dichiarato di aver visto illegalmente contenuti sportivi live (3,5 milioni nel 2017).

22 milioni: il numero di atti stimati di pirateria di sport live (15 milioni nel 2017).

578 milioni: la stima complessiva degli atti di pirateria, in calo dell’8% rispetto all’anno precedente. Serie e film rimangono però i contenuti preferiti dai pirati italiani.

109 milioni: il numero stimato di fruizioni perse di film e serie.

600 milioni di euro: la stima del fatturato perso direttamente dall’industria audiovisiva a causa della mancata fruizione attraverso i canali legali di film e serie piratati.

1,08 miliardi di euro: la stima del fatturato perso da tutti i settori economici italiani a causa della pirateria audiovisiva.

455 milioni di euro: il danno stimato sull’economia italiana in termini di PIL.  

5.900: la stima dei posti di lavoro a rischio a causa della pirateria

203 milioni di euro: la stima dei mancati introiti fiscali (IVA, imposte sul reddito e sulle imprese).

47%: l’incidenza della pirateria tra i 10-14enni.

31 milioni: gli atti di pirateria tra i 10-14enni (-14%).

L’83% dei pirati è a conoscenza del fatto che la pirateria è un reato (+5%).

Il 51% ritiene che sia improbabile essere scoperto e ancor meno sanzionato.

Il 37% dei pirati che ha sperimentato l’oscuramento di un sito pirata si è rivolto almeno una volta ad alternative legali.

LA PIRATERIA AUDIOVISIVA SECONDO I RAGAZZI

Una consapevolezza e un approccio critico maggiori nei confronti della pirateria audiovisiva, non dando più per scontato che i film si possano guardare liberamente in streaming o tramite downloading illegale. E’ questo il bagaglio che rimane ai ragazzi che hanno partecipato al progetto di educazione alla visione legale del film promosso da ANEC, ANICA, FAPAV e UNIVIDEO e realizzato da Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Il progetto è stato realizzato nel corso degli ultimi tre mesi dell’anno scolastico 2012-2013, in 11 regioni italiane, 43 classi di scuole superiori di secondo grado e 5 gruppi informali, per un totale di 900 ragazzi tra i 15 e i 20 anni. I ragazzi hanno risposto ad un questionario e hanno partecipato ai laboratori proposti dagli operatori di Libera. L’indagine, frutto del progetto, si intitola Oltre la pirateria. I film, il cinema e i giovani: tra web, dvd e grande schermo. La percezione del fenomeno della pirateria audiovisiva tra gli studenti italiani ed è pubblicata da Edizioni Gruppo Abele della Collana Quaderni di Narcomafie.
Dai risultati è emerso che guardare i film è un’attività molto apprezzata: 9 studenti su 10 amano andare al cinema e 8 su 10 lo fanno in compagnia. I ragazzi dichiarano inoltre di apprezzare la qualità della visione (lo schermo grande, l’audio e la qualità dell’immagine), la possibilità di vedere film in anteprima rispetto agli altri canali e ritengono che il cinema sia un’occasione di arricchimento culturale e di crescita personale. Tuttavia dall’indagine emerge che gli studenti non riescono ad andare al cinema quanto vorrebbero (6 su 10 dichiarano di aver visto film al cinema nell’ultimo mese e 4 su 10 di aver visto più di tre film al cinema negli ultimi sei mesi) e dunque scelgono gli altri mezzi a disposizione. Nella scelta fra la visione al cinema e quella a casa (streaming e download legali e illegali, noleggio e acquisto di dvd originali e piratati), i ragazzi si dimostrano consapevoli della diversa qualità della visione, ma i costi per loro eccessivi di cinema e dvd, la lontananza delle sale cinematografiche da casa, la carenza di videoteche e la maggiore flessibilità della visione a casa portano a preferire spesso gli strumenti non ufficiali. Sulla percezione della pirateria audiovisiva: 1 studente su 3 pensa che la pirateria non causi nessun danno, pur sapendo che è un reato. In particolare non si rendono conto di danneggiare chi lavora nel settore, danneggiando anche sé stessi qualora in futuro volessero lavorare nell’audiovisivo. Sulla mancata percezione della gravità della pirateria pesa molto la consapevolezza della situazione di corruzione e illegalità dilaganti nel Paese: molti reati restano impuniti, quindi la fruizione di film – per quanto illegale – appare ai ragazzi ininfluente, marginale o addirittura giusta in una fase di crisi economica come quella che stiamo vivendo. Fra le proposte elaborate dai ragazzi al termine del lavoro, segnaliamo: rafforzare l’offerta legale di film disponibile su internet; abbassare per i ragazzi i costi dell’ingresso al cinema e del noleggio/acquisto di dvd; avvicinare i giovani al mondo del cinema, attraverso iniziative e rassegne all’interno del contesto scolastico, incontri con gli autori, inserimento dei film nella programmazione didattica; valorizzare le sale cinematografiche come luoghi di incontro e socializzazione.
Fondamentale è il contatto con il pubblico giovanile, sono particolarmente  interessanti le dinamiche rilevate dall’indagine, sia quelle inerenti la  pirateria,  e la percezione dei conseguenti danni, ancora troppo scarsa, sia quelle riguardanti la frequenza in sala. I ragazzi chiedono quello su cui l’ANEC si sta impegnando: una sala cinematografica che non solo offra film, ma sia un punto di aggregazione, tutto il contrario della visione legale o, peggio ancora, illegale, ma comunque in solitario davanti al computer. Sul prezzo del biglietto, inoltre, negli ultimi anni sia aumentato molto meno rispetto all’inflazione. Questo significa che gli esercenti mettono in campo politiche dei prezzi che favoriscono anche i ragazzi.
E’ importante assecondare la forte richiesta da parte dei giovani di film in rete, attraverso l’offerta di prodotti ad hoc per Internet e di contenuti extra. A fronte  del nuovo approccio all’offerta in rete deve comunque essere salvaguardata la sala, altrimenti tutto il sistema cinema non funzionerebbe più. Comunque la pirateria danneggia le produzioni e questo porterà a realizzare sempre meno film e con un budget ridotto: la conseguenza sarà un cinema più povero e un’industria che non sarà più in grado di impiegare i giovani. Non sono poche le perplessità con cui abbiamo ascoltato le opinioni e letto i dati. Quella di punire i singoli fruitori di pirateria è stata storicamente l’opinione più in voga: semplicemente stangare tutti. L’esempio più noto e abusato negli anni è stato quello della nota legge francese dei tre avvisi, legge che in realtà non ha mai funzionato, tanto che in Francia si pirata moltissimo, basti vedere come nelle classifiche di fine anno dei termini più cercati sui motori pirata la desinenza “FRA” sia sempre in alto, senza considerare che il singolo pirata è difficile da raggiungere e può facilmente aggirare qualsiasi sistema di rilevazione (in Germania c’è un controllo sui download e per questo la pirateria è quasi tutta in streaming). Quando l’industria ha compreso che non solo non si potevano davvero sanzionare i pirati ma questo si stava traducendo in una pessima pubblicità, l’opinione più in voga è diventata quella di incolpare i service provider, cioè chi fornisce la connessione ad internet, pretendendo che Fastweb o Telecom Italia discriminassero il traffico oppure monitorassero cosa fanno i loro utenti. Il famoso esempio che scredita questa tesi è che sarebbe come chiedere alla società autostrade di controllare cosa fanno gli automobilisti sulle loro strade, cioè chi fornisce un servizio in nessun modo può essere responsabile di cosa venga fatto, specie con quei volumi. Infine, a fatica, negli ultimi anni si è arrivati alla consapevolezza che bisogna colpire le fonti, le quali però sono sfuggenti. La FAPAV di frequente annuncia iperboliche chiusure di grandi numeri di siti ma questi riaprono il giorno dopo ad un indirizzo di poco differente. Come faceva notare la stessa indagine le fonti di pirateria poi sono sempre più sofisticate e i loro sistemi di guadagno sempre più difficili da perseguire. Dunque sembra che ora, di fronte all’impotenza, si sia tornati all’idea di stangare i singoli. Non servirà a niente comunque. Senza dimenticare che il furto di dati sensibili, violazione della privacy, malware, phishing e virus informatici sono i rischi più frequenti in cui si imbatte chi consuma contenuti online illegali. Il business delle organizzazioni criminali, non si parla di scambio di file fra utenti, ma di entità che replicano, nelle forme più sofisticate di IPTV illegali, la filiera organizzativa, una vera e propria industria parallela, si basa proprio sull’utilizzo dei dati degli utenti che avvengono a scopi pubblicitari, commerciali o di profilazione. I livelli successivi possono includere l’iniezione di software maligni (malware), spam, furto di informazioni di navigazione, dati sensibili, contatti, danni al sistema informatico a scopi estorsivi, virus che si trasmettono a tutti i device collegati, furto di risorse computazionali, per citare alcune delle possibilità. Le forme di monetizzazione dei dati estratti dall’utente possono essere molto sofisticate. Gli strumenti per arginare tali comportamenti sono i più diversi, e comprendono innanzitutto quelli legali. La giurisprudenza sta elaborando casistiche dettagliate di responsabilizzazione degli intermediari, la tutela dei dati personali  che permette di fare segnalazioni di non conformità dei trattamenti (Garante Privacy) e accertamenti, le indagini della Polizia Postale e della Guardia di Finanza. L’ educazione all’utilizzo corretto dei device commessi è un altro elemento fondamentale.