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Articolo di Data Journalism

TUTTO IL VALORE DEL NOSTRO MARE

Tutto il Valore del nostro mare Mare

I porti marittimi rivestono una grande importanza economica nell’Unione europea. In 23 dei 28 Stati membri sorgono oltre 1.200 porti marittimi commerciali che sono il fulcro della rete commerciale mondiale. Il nostro Paese, con 7.500 Km di coste, 15 regioni e oltre 600 comuni bagnati dal mare, ha ben 129 porti, e un settore marittimo che costituisce una risorsa produttiva di particolare rilievo.Dalle stime Censis sui dati Istat, Ucina, Fincantieri, emerge che il cluster marittimo del nostro Paese è uno dei settori più dinamici dell’economia italiana”. La crescita nel triennio 2015-2017 si è infatti attestata su un valore di 5,3%, contribuendo al PIL nazionale per 34,3 miliardi di euro. L’occupazione diretta è cresciuta del 5,7% complessivamente e il cluster assorbe oggi un’occupazione complessiva, tra addetti diretti ed indotto, pari a circa 529 mila unità di lavoro, il 2,2% della forza lavoro del Paese. Secondo i dati forniti dalla CCIAA di Latina nel Sesto Rapporto sull’economia del mare 2017, le imprese dell’economia del mare sono circa 190 mila, e incidono per il 3,1% sul totale delle imprese in Italia, con un trend di crescita, negli ultimi cinque anni, di circa il +8%. Il settore prevalente è il turismo marino con quasi il 43% delle imprese e, a seguire, in ordine decrescente, la filiera ittica (quasi il 18%), le attività sportive e ricreative (15,4 %), la cantieristica (14,3%), la movimentazione merci e passeggeri (5,9%), le attività di ricerca (3,7%), l’industria delle estrazioni marine (0,3%)Infografica 1.

Leconomia del mare detta anche Blu Economy è una filiera produttiva che va dalle attività primarie come la pesca, a quelle terziarie del turismo marino, dei trasporti marittimi e della ricerca e della regolamentazione ambientale, passando da quelle secondarie, quali la cantieristica. Nel 2017 ha prodotto un valore aggiunto di circa 45 miliardi di euro, pari al 2,9 % del totale economia, e considerando la sua forza moltiplicativa, cioè la sua capacità di attivazione sul resto dell’economia, pari a 1,9 euro per ogni euro prodotto direttamente, si arriva a un valore aggiunto complessivo di 130 miliardi di euro, sfiorando il 10% del totale dell’economia Italiana.Infografica 2

L’economia legata al mare è, dunque, una fetta rilevante del PIL dell’Italia che può e che deve crescere ulteriormente e lo può fare, solo se si prevedono progettualità, programmazione e risorse economiche. In ordine a quest’ultime, le somme erogate dal Bilancio dell’Unione Europea per l’infrastruttura portuale nei periodi di programmazione dal 2000 al 2020, ammontano a circa 6,8 miliardi di euro, secondo i dati della Corte dei Conti Europea, della DG politica regionale e urbana e di Inea. Mentre in Italia, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con l’obiettivo di consentire ai porti italiani di diventare un sistema più capace di creare occupazione e sviluppo economico, ha stanziato circa 906 milioni di euro. In particolare, alle regioni settentrionali sono stati assegnati finanziamenti per circa 308 milioni di euro, al centro Italia 244 milioni di euro e alle regioni del Sud un finanziamento di 354 milioni di euro, pari al 39% del totale. Occorre tenere presente che i porti sono il magnete dello sviluppo delle nazioni e devono esserlo ancora di più per il Sud, per questo è necessario realizzare interventi infrastrutturali, poiché senza un recupero sostanziale di efficienza non esiste possibilità di rilancio. Oltre a questo, occorre che siano messe a sistema misure che sino a oggi non hanno avuto piena attuazione, come ad esempio le Zone Economiche Speciali (ZES) introdotte nel 2017 con l’obiettivo di concepire il porto come perno che guida un sistema di sviluppo territoriale. Si tratta di strumenti complessi che possono essere molto efficaci per attrarre investimenti esteri e aumentare i volumi di traffico dei nostri porti, agendo come un’importante leva sulla crescita economica. In Italia sono state istituite otto ZES, ma ancora non del tutto attuate e operative. In Sicilia le ZES individuate dalla Regione e approvate dal Ministero per il Sud sono due: quella della Sicilia orientale cui è stato assegnato il 65% della superficie Zes e quella della Sicilia occidentale che ha avuto assegnato il 35% e in cui rientra il porto di Licata.  L’approvazione delle Zone economiche speciali siciliane rappresentano certamente un momento di svolta per l’economia e il mondo produttivo siciliano ha uno strumento in più per superare i ritardi nello sviluppo che questa terra ha accumulato e per fronteggiare l’attuale momento di crisi determinato dalla pandemia da Coronavirus, un momento assai delicato per, le imprese, i lavoratori e le famiglie, in cui ogni energia dovrà essere dedicata al rilancio dell’economia del territorio. Occorre spender bene e rapidamente, per superare meglio la crisi e ripartire.Infografica 3