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REBIRTH

Recuperare legalità

Sottrarre un bene alla criminalità organizzata e restituirlo alla collettività vuol dire partecipazione e condivisione, ma anche creare lavoro e dimostra che è possibile combattere l’illegalità e riaffermare ogni giorno i principi fondamentali della nostra Costituzione. Per “beni confiscati” si intendono quei patrimoni collettivi nelle mani della criminalità organizzata, o attività ritenute illecite, ad essa sottratti, e resi alla comunità, più precisamente sia beni mobili (es.: denaro contante, assegni, liquidità e titoli, crediti personali ecc.) sia beni immobili (es.: appartamenti, ville, garage, terreni edificabili o agricoli) che aziende (una delle fonti principali del riciclaggio del denaro sporco come ad es. ristoranti, pizzerie, centri commerciali, aziende agroalimentari, industrie attive del settore edilizio).

 Evoluzione dell’iter normativo

La L. Rognoni-La Torre nel 1982 introduce nel Codice Penale il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e i sequestri e le confische dei beni posseduti, che assesterà il primo duro colpo all’economia delle mafie. La L. per il riuso dei beni confiscati del 1995 introduce il principio del riutilizzo sociale dei beni confiscati. Nello stesso anno, l’associazione Libera avvia la campagna “le mafie restituiscono il maltolto”, promuovendo l’assegnazione dei beni confiscati ai comuni di appartenenza, contemporaneamente alla nascita dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati che può trasferirli per finalità istituzionali o sociali agli enti territoriali (Comuni, Province, Regioni), assegnarli direttamente a enti e associazioni del terzo settore, destinarli direttamente alle associazioni no profit o rivenderli se non vi sono le condizioni necessarie per il riutilizzo. Tutte le norme, dal 1982 in poi, sono state armonizzate e confluite nel “Codice Antimafia” (D.Lgs. 159/2011) che prevede maggiore tempestività nell’adottare misure di sequestro e confisca e fondi e agevolazioni per la prosecuzione delle attività delle aziende confiscate, che, con l’art. 48, prevede modalità per l’assegnazione anche diretta e a titolo gratuito dei beni confiscati con l’obiettivo di accelerare i tempi del riuso sociale degli stessi.

In che modo i beni confiscati ritornano disponibili per la collettività?

L’iter che regola la confisca e la riassegnazione dei beni immobili segue delle tappe specifiche: il sequestro, misura cautelare provvisoria, adottata dal Procuratore della Repubblica del distretto competente; la confisca di primo e di secondo grado, pronunciata dai tribunali competenti in sede giudiziaria; la confisca definitiva, con l’attribuzione all’ente del terzo settore individuato; la restituzione alla collettività tramite l’ANBSC.(Cfr. inf.stat.)

Lo stato delle cose

A inizio 2022 i beni confiscati in Italia, tra immobili e aziende, risultano essere 45.231, raggiungendo un valore di 35 miliardi di €; 40.247 sono i beni immobili; da determinare 21.611, già determinati 18.636. Le aziende confiscate sono 4.984, da determinare 3.343, già destinate 1.641. La confisca ha riguardato anche 21.168 beni mobili. (Cfr. inf. din.) Il numero di beni confiscati è sempre più in crescita e la motivazione principale è legata all’espansione delle organizzazioni mafiose in territori, oltre che italiani, anche europei. Essi sono destinati principalmente agli enti locali territoriali ma anche ad associazioni del territorio per tramite dell’ANBSC. Un ruolo rilevante rivestono anche i sindacati, nell’orientare e supportare le azioni di assegnazione e di riutilizzo sociale dei beni.

Il caso della tenuta Selvalunga

Emblematico è il caso della tenuta di Selvalunga nel comune di Grazzanise in provincia di Caserta, sottratta ad una nota famiglia di camorristi, che prima di abbandonarla ha compiuto un ultimo, vile atto di devastazione. Dal 2020 risulta destinataria di un finanziamento POR Campania FESR 14-20, di € 1.202.050,57 di cui il 21% già erogati (Cfr. Inf. Din.) per la riqualificazione dell’immobile atta a valorizzare attività di integrazione sociale, partecipazione collettiva e diffusione della cultura della legalità, offrendo spazi di formazione, sperimentazione e fruizione nel campo della filiera del latte e della gastronomia. Ad oggi tutto ciò è stato realizzato? Non sembra. Eppure, attraverso le operazioni di riutilizzo sociale dei beni confiscati si favorirebbe un sistema di economia circolare, un rapporto produzione-consumo finalizzato alla riduzione degli sprechi delle risorse naturali e al riutilizzo di prodotti già esistenti. La valorizzazione dei beni confiscati è fondamentale sia per la fondazione di nuove aziende sul mercato, anche grazie ad associazioni come Libera contro le mafie, Libera Terra, Le terre di Don Peppe Diana ,Terra Felix,etc., che per reinserire nel mondo del lavoro i meno fortunati,con evidente vantaggio per la collettività. Occorre approfondire ulteriormente le ragioni del ritardo e promuoverne la rimozione.